Terremoto del '78

09.05.2020

Avevo dieci anni quando il terremoto ci svegliò. A dire il vero stavo proprio sognando di lui: pietre immense che rotolavano giù dalla montagna, e io, impaurita urlavo, cercando di evitarle. Aprii gli occhi disturbata dai richiami concitati di mia madre, mi sentivo come in una culla pesantemente dondolata, e anche in penombra, riuscivo a vedere la strana pendenza dell'armadio. Le mie sorelle mi strattonarono e mi tirarono fuori dal letto. Mi ritrovai, passando di mano in mano, capofila nel corridoio. Fui io ad aprire il portone. E in un attimo il gatto di casa, con un miagolio disperato, mi salto' addosso. Tutta questa famigliola, disordinatamente, fece proprio quello che si raccomanda di non fare durante un terremoto: scendere le scale. Sembrava di essere sulle montagne russe e, anche se con un po' di nausea, riuscimmo a toccare terra. Non eravamo soli.. era un immenso pigiama party, si urlava, si correva, si rideva anche. Guardavo con occhi spalancati tutte quelle sottovesti, capelli con bigodini e retine, nonnine senza dentiera, mutandoni di lana. Mia mamma mi richiuse la bocca aperta, trattenendo anche lei un sorriso. Le notti successive decidemmo di non dormire a casa ma sulla macchina. Papà posizionò la nostra 850 coupé in uno spazio verde di fronte a casa della nonna, dove il portone rimase spalancato con le luci accese...non ho mai capito il perché. Dunque nell'ordine entrammo nella macchina: mamma, zia, sorella maggiore e sorella minore nel sedile posteriore. Schiacciate e con il collo all'ingiù per la conformazione della macchina. Davanti, lato guida, papà. Lato passeggero la nonna, con me in braccio, col gatto in braccio, con la gabbietta dell'uccellino in mezzo alle gambe. La macchina era distrutta, quasi non respirava. Come avremmo fatto a partire se ce ne fosse stata la necessità? La notte avanzava, dopo le prime risate il sonno ci prendeva, la scomodità era tanta, sentivamo anche freddo. La prima a mollare fu la nonna. "Io rientro a casa", mi posò sul sedile mentre la guardavo come una marziana. Fu un attimo, gli inquilini -posteriori-collo-all'ingiu' scesero bonfonchiando qualcosa e a quel punto anche papà mi prese la mano che davo al gatto che davo all'uccellino e rientrammo in casa. La macchina che salutando guardai, tirò un sospiro di sollievo. Chiuse i fari e si addormentò anche lei.

© 2020 Eunice Bello. Tutti i diritti riservati.
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia