Protocollo di morte

Mi chiamo Giacomo. Sono un pittore. Si uno di quegli artisti sempre con la testa fra le nuvole. Dipingo arte e bellezza, momenti di delicata follia che si susseguono davanti ai miei occhi. Le mie dita stringono con forza il pennello. Lo immergo nel colore acceso per far esplodere il mio dolore. Strie color sangue compaiono sulla tela, in contrasto con l'azzurro tenue di un delicato cielo mattutino. È l'alba della tua assenza. Il momento della tua fuga dalla vita. Io sono pazzo di dolore, rivedo i tuoi occhi vivaci acquisire il colore della morte, mentre con rabbia un urlo mi esce dal petto. Pennellate irritate vorticano sulla tela, mentre il ricordo dei tuoi capelli mi solletica il naso. Capelli rossi come il sangue della vigile attesa. Le mie lacrime sono di odio e con esse impasto il colore. Come invasato sfumo del blu acceso, mentre il suono della tua risata si confonde fra le pieghe del pennello. Uno scoppio di allegria, nonostante la morte mi attraversa il cuore. Eri bella quando ridevi con quelle fossette che catturavano i miei baci. Un buco nero si apre nel petto. Con cura trattengo qui il tuo sorriso. Lo sigillo con quel colore rosso, proprio per dargli di nuovo l'aspetto di un cuore. Ma fa male sentire la tua voce in un buco che non palpita più. Ho vigilato anch'io su di te, in attesa di una speranza di vita. Ma ho visto solo la morte squarciare i tuoi polmoni, stanca anche lei per questo lavoro aggiunto, dettato dalla stupidità degli uomini. Volontà, mi disse La Morte, non stupidità, mentre con quel suo nero manto avvolgeva una vita ancora acerba. Una vigile attesa figlia della morte.
Adesso dipingo il mare perché sono sicuro che tu sei lì, fra i flutti che si infrangono sulla spiaggia, ormai lontana da chi, consapevole, non ha voluto aiutarti.
Per non dimenticare le vittime della vigile attesa