"MI-CADE-IL-LATTE-ALLE- GINOCCHIA"

C'era una volta in un paesino al centro della Sicilia, una famigliola un po' buffa in realtà. Papà era il tipico siciliano cicciottello che, camminando gongolante per le vie del paese, tenendosi la pancia, aveva come sport preferito quello di esprimersi senza collegare la bocca al cervello. Era tenuto in gran considerazione nel paese e, quando si voleva sogghignare compiacendosi per la fortuna di possedere un cervello normale, bastava ascoltarlo per dieci minuti e si ringraziava la Madonna con tutti i Santi del Paradiso per essere in grado di pensare. Altra caricatura era la moglie. Cicciottella anche lei, splendeva di cattiveria insieme ai suoi colori sgargianti. Il rosso acceso dei capelli illuminava come una lampadina il corpo candido dalla pelle di luna: un cerino a guardarla da lontano.
Insieme una coppia caratteristica, come un quadro di Botero. Stupido lui, cattiva lei. Ma la cattiveria si sa, è sempre accompagnata da una grande dose di astuzia. E come una volpe assassina, nonostante la carenza di doti fisiche, lei negli anni fu capace di affinare le sue capacità sessuali. Caratteristica che le permise di avere un lavoro rispettabile e soldi facili. Inventandosi un vestito caratteriale su misura, mentre nell'ombra elargiva favori sessuali, dall'altro si ammantava di santità, battendosi il petto e fornicando col prete. Da questo amore clandestino nacque un pargolo, che per il buon nome della famiglia venne accettato con l'obbligo del silenzio. Si tenevano per mano mamma e papà, perché il lavoro nell'ombra di lei, portava benefici e soldi alla famiglia. Ma papà voleva un figlio suo, e borbottando parole di affetto per questa donna, capace di tenere a bada più uomini con entrate finanziarie importanti, e nello stesso tempo mantenere la facciata della famiglia, riuscì a convincerla. Nacque una bimba dagli occhi grandi. Prese il meglio dai genitori: la pelle butterata di lui, la furbizia mista a cattiveria di lei, il grasso di entrambi. Capace col tempo di affinare, osservando la madre, capacità seduttive fisiche e mentali. Meglio della madre riusciva come un gas anestetizzante, a convincere le amiche della sua grande bontà. Si costringeva a esprimere dolcezza e questo sforzo di contenere i suoi veri scopi gonfiava il suo corpo. Solo la pelle olivastra, con striature tendenti al giallo acido o verde d'invidia, a seconda delle situazioni, tradivano i suoi sforzi. Come la madre il suo passatempo preferito erano gli uomini, preferibilmente quelli di amici e parenti. Era capace di intrattenere storie, senza nessun altro interesse se non quello sessuale, con diversi uomini contemporaneamente. Sbattendo gli occhioni da cerbiatta, soffiando leggera con voce da gattina sulla vanità maschile, riusciva a corrompere il più fedele degli uomini, mantenendo nel contempo un rapporto di finto affetto e generosità con le rispettive mogli o fidanzate, inconsapevoli delle sue trame clandestine. Era così gentile e moscia all'apparenza che le venne affibbiato un nomignolo affettuoso: "Mi-cade-il-latte-alle-ginocchia". Era con questo nome che le amiche la chiamavano sottovoce, con dolcezza, inconsapevoli della sua anima nera. Lei lasciava fare, sorridendo come La Gioconda e felice di non destare sospetti, intesseva come un ragno le sue trame sottili. Diversi i bozzoli incastrati nella sua ragnatela. Il marito fu uno di questi. Anche se non di bell'aspetto, c'era la casa da sistemare. E chi meglio di un tuttofare con a disposizione un degno gruzzoletto? Si fingeva innamorata per potere avere campo libero e fiducia per i suoi tradimenti con uomini che gli facevano tremare le gambe per bellezza o potenza sessuale. Durante il matrimonio, per sopportare un uomo simile al padre, con immensa considerazione per la madre, collezionò il primo belloccio. Amico del marito la soddisfo' fino alle unghie. Ma contemporaneamente un altro finì nella sua rete. Per attirarlo si recava sinuosa come una serpe, sibilando meraviglie, nel tabacchino del paese. E oggi una sigaretta, domani una scatola di fiammiferi, alla fine vinse alla lotteria. Ignaro il marito le regalava muri saldi e mattonelle splendenti. Un altro trofeo fu il fidanzato della figlioccia, nonché fidanzato della mugnaia, che all'insaputa delle due donne, palleggiava con miss Santità. Fu un quartetto eccitante, era gratificante dispensare consigli alla figlioccia per denigrarla a letto col suo fidanzato. Ma corse più di un rischio. Per incontrarlo bisognava mettere occhiali da sole neri, raccogliere i capelli in un berretto e togliersi la fede. Ma questo non era un problema: il suo cuore era spoglio e arido. Solo avido. Quando lui contagio' le sue donne con una malattia venerea di degno rispetto, con ponfi gonfi come prugne che si distrubuirono sulla pelle, pieni di liquido maleodorante come la sua anima, rischio' di farsi scoprire. E solo la trovata di una malattia balneare, recandosi per prima dal dottore, riuscì per un soffio a salvarla. Si perché nel frattempo stava tessendo un'altra trama col marito della sua amica, uomo ideale, con gli stessi appetiti sessuali e un cervello facilmente malleabile. Fu quest'ultimo acquisto il suo trionfo. Domino' su tutte le donne conosciute togliendosi finalmente la maschera. Ma fu così che nel paese comincio' a serpeggiare il disprezzo e, consapevole di non poter conquistare menti più brillanti, decise di trasferirsi nel paese degli ottusi.