L'oca Caterina

08.04.2020

"Nonno, che faccio?... Nonnoooo che faccioooo", interloquivo giuliva col nonno Giuseppe.

I miei pomeriggi da cinquenne erano scanditi da un ritmo familiare imprescindibile:

Pomeriggio = Nonni

Era liberatorio andarli a trovare, scorazzare felicemente in un giardino invece che fra le mura della casa cittadina. Qui era un posto magico, lontana dalle lotte intestine con le mie sorelle per il predominio del territorio. Ero libera di farmi spupazzare, complici i miei capelli d'oro e il mio faccino da angioletto, dai miei nonni.

Mi aspettava anche la gatta Bianchina (si, proprio come la macchina che avrei acquistato più tardi) che, riconoscendo il rumore dell'auto, in posizione aspettava che io la prendessi in braccio per cingermi il collo; e il fido cane di mio nonno, Boby Solo, che come tutti gli esseri maschili viventi, subiva le torture femminee della gatta. Si, lei, che con un sibilo, aveva imparato le sillabe del comando.

 "Sitz", sussurrava con gli occhi a fessura, e il cane ubbidiente si inchinava, per permettere alla suprema matrona di posizionarsi sulla sua schiena per riposare. Unghie affilate, la cosa era fatta, l'inferiore al suo posto.

Ordunque, dopo questa parentesi, ritorniamo a quel pomeriggio, in cui, mancando i miei fidi compagni di gioco, torturavo mio nonno.

Il nonno subiva, al pari del cane, cercando aiuto con gli occhi, invocando con tutta la sua forza mentale, la presenza di una qualsiasi donna che potesse liberarlo da questa cantilena continua..

Ma ecco, un guizzo nella sua mente: "Tesoro del nonno" mi disse con una vocina che somigliava al gorgoglio del caffè, "nel giardino c'è l'oca Caterina, che proprio stamattina si lamentava di avere tanto caldo, a dire il vero , proprio bruciore... l'uovo che ha fatto era veramementeee grande...perché non l'aiuti ad avere un po' di ristoro?"

I miei occhi di bambina si dilatarono per l'emozione, il mio cuore di crocerossina ebbe un sussulto: io sapevo come aiutarla!

Afferrando il ventaglio della nonna sul tavolo, scesi di corsa le scale e, felice di poter fare del bene, cominciai a inseguire l'oca Caterina sventolando insistentemente il ventaglio sulle sue piume posteriori. La povera oca starnazzava disperata, ma io ero felice..stavo dando ristoro...a lei e a mio nonno.

Dedicato a mio nonno Giuseppe Gazia, che purtroppo ho potuto vivere poco.

© 2020 Eunice Bello. Tutti i diritti riservati.
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