La mia mamma

Quando avevo 15 anni ebbi un incidente col motorino. Fui investita e trascinata per 17 metri, oltre i 14 della frenata, da due ragazze che, a bordo della loro auto, a mezzogiorno di una domenica di luglio, decisero impunemente di gareggiare a tutta velocità contro l'auto del fidanzato di una di esse. Mi presero in pieno. Non ebbi modo di evitarle nella stradina di San Gregorio. Ricordo di averle viste arrivare, di avere ragionato per un secondo un piano di fuga e nello stesso secondo capire di non avere scampo. Fu un attimo, riuscii solo a coprirmi il viso con un braccio per la paura, e subito l'impatto, una confusione visiva di spiaggia, mare asfalto e poi il buio. Non so quanto rimasi immobile sull'asfalto che ancora oggi vive in una porzione della mia pelle. Ma ricordo il momento in cui ho ripreso i sensi. Ho visto le ragazze aprire gli sportelli della macchina dal vetro sfondato dalla mia testa. Ricordo il vocio del capannello di persone, ricordo l'arrivo di mio padre con la voce tremante e la corsa all'ospedaletto. Si non mi portarono all'ospedale, subito dopo a casa. In un primo momento mi stesero sul divano in attesa che arrivasse il medico. E da lì non riuscirono più a toccarmi perché a parte la febbre altissima ero piena di dolori a causa delle fratture che in seguito capii di avere, oltre naturalmente ad ematomi, escoriazioni e un problema al piede che mi impedì di camminare per oltre un mese.
Ma il mio ricordo più profondo è la presenza continua della mamma che non mi lasciò mai la mano. Su un materassino accanto a me, vegliava anche la notte. Rimase, senza allontanarsi per tutto il tempo che mi permise di sfebbrare e non farneticare. Rimase anche dopo, con i suoi occhi sempre posati su una ragazza che per diversi tempo ebbe problemi di memoria, controllandone angosciata anche la ripresa fisica. Giorno dopo giorno soffiava la sua linfa vitale su di me, giorno dopo giorno dimagriva, ma mai e poi mai mi privo' della sua bellezza dolce e intrigante allo stesso tempo, del suo cuore che disperatamente mi incitava a farmi forza, quella che a lei mancava, delle sue carezze di tenerezza per una figlia che avrebbe voluto renderla più felice