LA GUERRA DI PIERO

Maryse aveva 10 anni mentre rannicchiata sulle gambe del nonno, ascoltava rapita le storie antiche di paese. Si nascondeva fra le sue braccia corpose e, acciambellata come un gatto, era pronta a recepire tutte le emozioni che la sua voce chiara diffondeva nell'aria.
Quella voce ammaliante ed incantatrice, leggera e al tempo stesso penetrante, era capace di dissolvere il sonno dalle sue palpebre bambine, per acuirne i sensi e provocare nell'immediato il sollevamento dei capelli ricciuti che, simili ad una nuvola lanuginosa, avvolgevano il suo viso delicato.
Il nonno glieli carezzava sempre, come se al loro posto ci fosse del morbido velluto. "Un riccio intricato è espressione di un cervello laborioso!" Così diceva…e Maryse ne era orgogliosa.
Ancora oggi quella matassa aggrovigliata la rappresenta. Ancora oggi non smette di produrre pensieri e ricordare. Impulsi che viaggiano veloci attraverso una rete elettrica capace di immagazzinare odori, colori, sapori e sensazioni vivide, nonostante lo scorrere del tempo.
Frammenti dispersi in varie aree celebrali che, in un attimo, come per magia, si ricompongono, si amalgamano, si incastrano, e fanno riemergere un particolare ricordo.
E' la musica di una chitarra che stuzzica adesso la sua mente. Il pizzichio continuo ed indisciplinato di quelle corde le provoca, senza comprendere bene perché, un'emozione sorda, come un tuffo al cuore. E' il colore scarlatto che l'avvolge come un mantello. Solo i ricci le sfuggono emozionati, catturati da tanti papaveri rossi. Ma non è amore quello che sente, solo dolore che le attanaglia il petto. Il freddo di un inverno di guerra che, a ritroso nel tempo, la spinge fra le braccia del nonno.
Maryse si dispose in attesa, e dritta come un fuso, si sistemo' meglio sulle sue gambe: tutt'occhi e tutt'orecchi.
"Il torrente Sant'Angelo nell'inverno del 1945 era una distesa d'acqua limpida che scorreva in un bosco di castagni, noccioli e querce."
Cominciò a raccontare il nonno, mentre la sera si insinuava fra gli spifferi della vecchia casa di montagna.
"Il vento gelido che serpeggiava fra i rami del bosco, rendeva lento il movimento di un fuggitivo. Aveva indosso solo una camicia di cotone grezzo lavorato a telaio e un paio di pantaloni fermati alla vita da una corda. I piedi piagati avevano percorso chilometri, mossi dalla forza del desiderio di tornare a casa. Era Piero, il figlio del mugnaio. Tornava dalla guerra stravolto nel corpo, lacerato nel cuore e cambiato nell' anima. Solo il nome era rimasto tale."
Il nonno le sfiorò la guancia con le sue dita nodose e, guardandola dritta negli occhi, come a volerne bloccare l'attenzione , proseguì: "Il destino ci mette spesso alla prova e il povero ragazzo, proprio un attimo prima di sentirsi al sicuro, proprio quando l'odore di casa gli invadeva le narici con la brutalita' del freddo, senti' dietro di sé un alito di morte: il tocco gelido di un fucile imbracciato da un soldato tedesco."
Maryse spalancò gli occhi per la paura e strinse con forza la mano del nonno.
"Il soldato lo inseguiva da giorni, rendendogli impossibile anche il riposo. Piero era allo stremo delle forze e, mentre correva per sfuggire alla morte, inciampò su un sasso, batté la testa e finì nel torrente. L'acqua ghiacciata lo avvolse nell'immediato, impedendogli perfino di respirare per il dolore, ma con la forza della disperazione si spinse verso la sponda, aggrappandosi ad un ramo sporgente, per issarsi sulla terraferma mentre il sangue gli gocciolava copioso dalla fronte. Inspirò forte per riempirsi i polmoni e poi trattenne il respiro, cercando di non fare rumore. Non lo sentì arrivare, né lo vide: il sangue che colava sugli occhi , gli offuscava la vista. Ma percepì il freddo dolore del metallo alla schiena. Come una fiera che inseguendo la preda, la individua col fiuto, così il soldato tedesco annusando l'odore di sangue, lo aveva raggiunto e adesso gli puntava il fucile. Piero, ormai certo di volare in cielo, chiuse gli occhi, avvertendo nel contempo il ghigno di soddisfazione del soldato e l'amarezza di una vita spezzata.
Una lacrima si gettò nel torrente, nell' esatto momento in cui votava la sua anima al Signore. Sentì il clic del colpo in canna e trattenne il respiro in attesa di uno sparo che gli sconquassasse il petto. Un attimo silenzioso, che visse a rallentatore, distratto solo dal cinguettio di un uccello che lo costrinse a girarsi verso il suo assassino. E lui era ancora lì, immobile, col ghigno devastato dalla sorpresa. Il fucile aveva fatto cilecca. Una rabbia verde come il paesaggio lo spinse a ripuntare il fucile verso quel corpo inerme, perché si sa, i vigliacchi si sentono forti quando chi hanno davanti è senza difese."
Così disse il nonno, mentre Maryse apprendeva questa lezione di vita. Ascoltava attenta, bevendo letteralmente dalle sue labbra, spostandosi ogni tanto un riccio che, prepotentemente entrava nella bocca aperta, avida di sapere. Questa scena irrimediabilmente faceva nascere un mezzo sorriso nel viso stanco del nonno.
"Un altro clic esplose nell'aria insieme alla sua paura." Continuo' il nonno. "Ma anche stavolta il fucile fece cilecca. Il soldato tedesco, paonazzo di rabbia, urlò parole incomprensibili e come un pazzo, puntò il fucile contro il cuore di Piero. Lui inerme, fra la terra e l'acqua del torrente, sentì scorrere la vita verso il mare, con un rimpianto che lo attanagliava: morire vicino a colei che amava, senza nemmeno poterla baciare.
Ma non chiuse più gli occhi, voleva vederlo bene in faccia il suo assassino, per ricordarselo anche da morto.
Fu un incrocio di sguardi su quella sponda. Quello dell'odio radicato e quello di un uomo che desidera solo vivere. Non è possibile spiegare cosa successe. Nessuno dei due comprese perché Il fucile fece cilecca per ben tre volte. Forse fu l'amore che, stufo di afflizione, con astuzia vinse sull'odio. Furente il soldato, con un cenno gli intimò di alzarsi, comprendendo in quell' istante che il destino del ragazzo non era certo la morte. Incredulo Piero, con l'aiuto del ramo, si trascinò sulla riva. Si spinse poi sulle gambe e cominciò a correre.
Il soldato lo guardò allontanarsi e, forse per rabbia, forse per gioco, forse per segnalare la sua posizione, sparò un colpo verso il cielo. Uno sparo intenso e violento come un tuono d'estate, che fuoriuscì dal fucile verso le nuvole di un grigio cannone. Il fucile aveva sparato senza fare cilecca, beffandosi del giovane soldato incredulo di fronte alla forza del destino.
Ma proprio in quell' attimo di riflessione, ecco che un proiettile, proveniente chissà da dove, gli trapassò il cuore, trascinando nel torrente ricordi e malefatte.
Piero si voltò stupefatto verso il soldato e, mentre l'anima tetra ne abbandonava il corpo, lo guardò accasciarsi a terra con la divisa color dei papaveri."
Maryse non esultò. La libertà di Piero era figlia della morte del soldato. Non riusciva a comprendere dove si annidasse il lieto fine della storia.
"Cara Maryse," disse il nonno consapevole del suo disagio, tirandole un riccio a cavatappi: "La vita è preziosa, in ogni forma ed espressione, ed è per questo che sei confusa. Non c'è vinto né vincitore se a morire è la vita, a chiunque essa appartenga.
Non c'è morale in questa storia, solo la certezza che la guerra chiede sangue per saldare ogni debito. Ma è il ricordo che devi tenere stretto, il ricordo dell' assurdità della guerra, dove persone che non si sono mai viste né conosciute, si uccidono per gioco, per paura o per vendetta. Dove ogni valore diventa nullità. Dove l'amore diventa odio."
Maryse comprese l'insegnamento del nonno e, con le lacrime agli occhi, lo abbracciò forte. Mai e poi mai avrebbe fatto del male. Avrebbe ripudiato la guerra, per sempre, impegnandosi nella vita per impedire la morte.
Ma oggi per l' ennesima volta, una forte oppressione le comprime il petto. Pizzica con intensità le corde della chitarra e uno struggimento interiore la fa lacrimare. Mentre con voce rauca canta la solidarietà, un mare di papaveri le vola accanto, macchiandole di rosso i folti capelli.
È adulta Maryse, avrebbe voluto farfalle blu negli indomabili ricci...©
Un racconto alla "Eunice", per augurarvi un sereno 2024. Un anno capace di liberare le menti e rinnegare le guerre. Musa ispiratrice è stata Maryse Miragliotta che, con la delicatezza che la contraddistingue, mi ha donato un ricordo.❤️