La città incantata

La mia vita di bambina mi permetteva di viaggiare in un mondo intricato di parenti.
Ma il posto dove potevo maggiormente dare sfogo alla mia fantasia era solo nella città più bella del mondo: Palermo, culla di cultura e magia.
Ospite dei miei zii materni, vivevo giorni speciali nel mondo incantato del museo Pitre', dove ero capace di vivere avventure straordinarie. Attraversavo le sale della Palazzina Cinese come la principessa Whencheng, riccamente vestita di seta, con un copricapo pieno di sonaglini. Muovendo passettini minuscoli, tenevo le labbra a cuoricino e gli occhi socchiusi.
Poi, indossando abiti sontuosi, mi incipriavo il naso e, con un
ombrellino da sole passeggiavo per i giardini incantati, tenendo a bada i
giovani pretendenti, lanciandogli fazzoletti profumati. Riuscivo così a
sgattaiolare e mi imbucavo, non invitata, nei numerosi matrimoni civili, dove
realmente rubacchiavo qualche dolcetto. Scappavo ancora, rincorsa dai
camerieri, per sedermi in una bellissima carrozza. Qui dal cocchiere mi
lasciavo trasportare per le vie della città, ma sempre con la tendina
abbassata, per carità, per poter spettegolare ben bene, in uno sventolio di
ventagli, con la mia amica del cuore. Finita la corsa, stremata dal dondolio e
dal busto del vestito troppo stretto, non vedevo l'ora di ritornare nei miei
panni. Come solo una bambina può desiderare, mi apprestavo a viaggiare nel
mitico mondo dei Pupi. Con gli occhi sgranati, bevendo ogni parola, diventavo
Angelica e lottando per la mia virtù, giocavo come il gatto col topo con
Rinaldo e Orlando. Poi mi chiamava la zia, dove per magia, apparivano sul
tavolo pietanze infinite. Queste avventure mi riempivano il cuore, e se, agli
occhi degli altri ero una bambina con la testa fra le nuvole, all'apparenza
distratta, in realtà vivevo storie meravigliose