INCUBI

Sono così piccola che rido a singhiozzo mentre la mamma mi solletica i piedi. Quasi soffoco mentre mi spupazza sotto le coperte. È una di quelle notti che, in assenza di papà, condividiamo insieme, abbracciandoci senza pudore, in un mondo tutto nostro, fatto di storie inventate. Con un balzo allontano le sue mani dal mio pancino, per respirare a pieni polmoni e, nella sorpresa della distanza, approfittare per saltare con vigore sul materasso. La mamma mi afferra durante un salto giocoso, e con i suoi baci, mi atterra sul materasso. Ridiamo sommesse, per non svegliare le mie sorelle, e ci abbracciamo nell'oscurità. Fa freddo, e il suo tepore mi riscalda, proteggendomi da quei mostri notturni, che cercano di afferrarmi. Inspiro il suo profumo di buono mentre le palpebre si fanno pesanti, mentre il futuro galoppa veloce.
Sono grande ormai, tutto attorno a me è cambiato, senza più mani di mamma a cui aggrapparmi. Il mio Paese adesso si chiama Draghestain, e tutto è foschia fredda. Una foschia che avvolge, per inebetirle, le menti umane. Come zombie ci apprestiamo a lavorare, senza diritti, senza dignità, solo con una tessera, che si è comprata anche la nostra anima. Come zombie non abbiamo più contatti, ma ci teniamo lontani, senza sfiorarci. La gente muore inconsapevole dopo aver bevuto l'amaro calice, felice di aver soddisfatto la brama del drago. Muti vaghiamo fra le strade imbavagliando i nostri desideri. Non più un sorriso, non più labbra sinuose ad aprire il cuore. Solo dolore senza rumore, solo bavagli per zittire l'anima.
Apro la finestra perché un po' d'aria calmi la mia sete di vita, ma è la falce che colpisce il mio viso. Sono protagonista di un film horror e, a tentoni, mi muovo nel buio dell'indifferenza. Sono lì i miei amici, trasformati in qualcos'altro. Sono lì mentre, con le braccia penzolanti, mi passano avanti, dinoccolati, con la mente spenta. Alzano gli occhi per guardarmi. Uno sguardo vacuo si posa sul mio viso. Faccio un gesto, nella speranza di risvegliare i suoi occhi, ma lui passa oltre, senza vedermi, senza riconoscermi, senza amore, prigioniero di un pensiero indotto.
Due occhi di fuoco mi bruciano la pelle. Mi passo la mano sulla guancia e lei è li. Trasformata in un una zombie, è assetata della mia umanità. La paura scorre nelle vene, in quel sangue ancora integro. Urlo inseguita dai suoi rantoli cattivi. Si muove decisa nella sua lentezza, capace nell'attimo della mia incertezza, di afferrare i miei pensieri e stritolarli fra le sue mani. Li schiaccia, li accartoccia, li pesta, li distrugge. Si avvicina con unghie affilate per iniettarmi quel siero dell'obbedienza, della nullità, della distruzione umana. Non posso muovermi, non posso decidere, posso solo subire. Pochi attimi di buio assoluto cedono il posto ad una vita privata della sua stessa essenza vitale. Una vita in cui gli stimoli sono finti, decisi da chi, come un burattinaio, spinge i fili dei nostri movimenti.
Sono una zombie, come una bambola rotta, pronta ad obbedire al grande drago. Un numero, un elemento come un altro in un esercito maligno.
Mi sveglio matida di sudore. Con gli occhi spalancati nel buio tasto la mia pelle, mi accerto dei miei sentimenti, accarezzo i miei pensieri.
Micetta si avvicina. "È un incubo" miagola, "solo un incubo".
"Lo spero Micetta..." sussurro nel buio. ©