11 SETTEMBRE 2001

11.09.2021

Cara Mary,

oggi sono felice! Con leggiadria e le ali ai piedi, percorro l'imbarco che mi porterà all'aereo.

Sorrido al pensiero del mio posto vicino al finestrino, proprio sull'ala destra dell'American Airlines 11.

Mi piace l'idea di poggiarmi sulle ali dell'aereo, per sognare di averle appiccicate, mentre sorvolo il cielo azzurro come una Icaro moderna. Ho indossato il vestito con i fiori sfumati, quello che abbiamo comprato in Fifty Avenue ridendo come matte, pensando come il profumo dei petali, avrebbe avvolto e stordito, prima ancora dei miei baci, quell'uomo così mite.

Sono innamorata come una quindicenne, e come una ragazzina seguo il mio cuore sulle ali di un aereo che da Boston mi porterà a Los Angeles, fra le braccia di John.

Sono le 7 e 59 di mattina, non vedo l'ora di incontrarlo, di godere del suo sguardo sornione mentre accarezza i miei fianchi, di afferrare i suoi abbracci e farli miei per sempre.

Cara Mary, sono così felice che mi sembra di esplodere! Dovrei contenermi, ma non faccio altro che sorridere, e questo mio atteggiamento inusuale per una cinquantenne, sta irritando moltissimo il mio vicino di sedile.

È un giovane ragazzo afgano. Si chiama Mohamed. Si, glielo chiesto! Sai che mi piace conoscere tutti!

Lui mi ha risposto a denti stretti, lo sguardo fisso di fronte a sé, parecchio infastidito dalla mia esuberanza.

Mi giro per guardare dal finestrino le nuvole bianche come panna montata.

Ad un tratto Mohamed si alza, e con lui altri uomini in contemporanea. Cominciano ad urlare, e ci minacciano con dei coltelli.

Ho freddo improvvisamente Mary. I fiori del mio vestito appassiscono velocemente come il mio sorriso. Mohamed urla. Una voce roca attraversa i miei timpani come preavviso di morte. È un dirottamento e io ho paura.

Sono bloccata proprio quando ho deciso di spiccare il volo. Non respiro, pur essendo circondata dall'aria azzurra di un cielo mattutino.

Sorvoliamo New York. Sono le 8,35. Ci abbassiamo sulla città mentre questi uomini di Al Qaeda recitano strane nenie, miste ad insulti verso di noi, infedeli nel terrore, incapaci di reagire.

Guardo dal finestrino le torri gemelle, se non ci alziamo andremo a sbattere. Mi alzo di scatto nel panico generale, urlo con le lacrime agli occhi che ci sarà un impatto a breve. Mohamed si gira con occhi di fuoco.

No, non accarezza i miei fianchi, mira dritto, come un lanciatore di coltelli, al mio cuore di donna inutile. L'acciaio mi raggiunge nello stesso momento dell'impatto con la Torre Nord del Word Trade Center. Sono le 8,46. Un enorme frastuono di fuoco mi esplode nel petto e io so solo veder cadere i fiori dal mio vestito per diventare cenere.

Quanto tempo è passato Mary? Mi guardo attorno ed è come se galleggiassi nell'etere. Il mio vestito è bianco, i fiori sono scomparsi. Le ali mi permettono di volare. Non odo più rumori, solo un singhiozzo lontano.

È John. Mi aspettava a Los Angeles con altri fiori per il mio vestito...

Susan ©

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